Nulla di ciò che sta accadendo a Parigi è casuale. Non ci sono “gaffes” da parte dell’organizzazione, non ci sono “distrazioni procedurali”, come non ci sono stati “errori di comunicazione” nella cerimonia di apertura. Era tutto assolutamente previsto e calcolato, fino all’ultima virgola, comprese le polemiche. Anzi, soprattutto le polemiche.
Lo scopo era proprio quello di “rompere”, di provocare, di spingere i confini del comune sentire ben oltre i limiti attuali, proprio nel nome di quella “società aperta” che da molti anni ormai è diventato il mantra di George Soros e dell’elite globalista capeggiata da Klaus Schwab.
Secondo questa filosofia, nessuna ideologia può ergersi ad arbitro della verità, mentre i diritti individuali vengono messi al più alto livello nella scala dei valori, a discapito di tutti gli altri, e della tradizione stessa.
La teoria “gender”, con tutto quello che ne consegue, è la figlia primogenita di questa filosofia, che mentre si ammanta di senso di giustizia universale, nel pretendere di difendere i diritti individuali, mira a scardinare le fondamenta stesse della società.
Ecco quindi, nella cerimonia d’apertura, la dissacrazione dell’Ultima Cena con la volgarità, insistita e sottolineata, di una banda raccogliticcia di transessuali e travestiti senz’arte nè parte. Ma che qualcuno ha certamente selezionato con grande cura e agghindato con attenzione, prima di mandarli in mondovisione.
Ed ecco che, nel corso delle competizioni, una “pugile algerina” dai forti tratti maschili viene impunemente autorizzata a battersi con una pugile italiana (chiaramente donna), nel nome di presunti “requisiti olimpici”, tutt’altro che trasparenti, che sarebbero stati rispettati. Poi però, se si chiede di vedere i dati scientifici che garantirebbero lo status “femminile” del(la) pugile in questione, ci si scontra con il “diritto alla privacy” dell’atleta stesso. E così crolla un altro pilastro della nostra società, quello che voleva gli sport maschili e femminili rigorosamente separati uno dall’altro.
Ricordiamolo: è nella filosofia della “open society” quella di demolire sistematicamente i pilastri della nostra cultura condivisa e comunemente accettata. E questi episodi alle Olimpiadi ci stanno riuscendo in pieno.
Vi prego, non commettete l’errore di pensare che si tratti solo di “strafalcioni procedurali”, di “distrazioni organizzative” o di “incompetenza professionale”. E’ tutto calcolato al millesimo, e il gioco gli sta riuscendo in pieno, proprio grazie alla stupidità dei giornalisti nostrani, che si fermano a discutere sui cromosomi degli atleti, e non si sforzano di capire invece il mostro che si agita nell’ombra.
Massimo Mazzucco