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Maurizio Vezzosi

10 Dec, 16:02


La debolezza di Assad sul piano interno era nota da tempo anche a Mosca: una conferma di ciò si può trovare ricordando i colloqui promossi dal Cremlino tra il governo di Damasco e le opposizioni nell'ormai lontano 2018: sullo sfondo di questi colloqui era trapelata persino la bozza di nuova costituzione che avrebbe dato alla Siria un assetto più decentrato e maggiormente federale. Un progetto riformatore teso a dare maggiore rappresentatività e potere sopratutto alle grandi comunità sunnita e curda: un progetto mai attuato anche per l'oltranzismo di Assad con cui forse, almeno in alcune aree della Siria, sarebbe stato possibile salvare l'eredità di quel laicismo che appare destinato a scomparire. Considerando il proprio impegno in Ucraina ed il quadro siriano Mosca ha attuato la scelta probabilmente più logica in difesa dei propri interessi: del resto con una forza terrestre estremamente ridotta - impiegata ad oggi principalmente come polizia militare – e con le forze governative scioltesi - sul piano politico e militare - come neve al sole qualunque altra scelta sarebbe risultata velleitaria. Per Mosca ma soprattutto per Teheran il nuovo scenario siriano apre una nuova fase di rischi ed incognite. Oltre alle basi presenti nell'area un problema significativo per Mosca riguarda i combattenti jihadisti provenienti da tutto lo spazio post-sovietico inquadrati tra le fila dell'HTS: un problema che rimarrà sicuramente al centro dell'interlocuzione tra il Cremlino e la nuova dirigenza siriana. L'Iran rischia di perdere il corridoio terrestre con cui attraverso l'Iraq ha avuto fino ad oggi un accesso diretto al Mediterraneo, oltre a subire una maggiore pressione militare a ridosso delle proprie frontiere: nonostante questo rischio e la forte degli anni scorsi tra HTS ed Hezbollah le prime dichiarazioni del partito-milizia libanese sugli eventi siriani hanno evitato ogni presa di posizione marcata. L'era di Bashar al Assad è terminata, a differenza della grande guerra che si sta combattendo in tutto il Vicino Oriente.

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Maurizio Vezzosi

10 Dec, 16:01


Con la fuga di Bashar al Assad a Mosca finisce la storia della Repubblica araba di Siria nata con il tramonto del mandato coloniale francese. L'offensiva delle milizie sostenute dalla Turchia è riuscita ad arrivare a Damasco nel giro di pochi giorni, forte della copertura aerea israeliana che per mesi, ed anzi per anni, ha bombardato la Siria e della debolezza ormai terminale di Assad. Quello che le milizie antigovernative non sono riuscite a fare in oltre dieci anni di guerra civile si è compiuto in una settimana. Le forze israeliane stanno continuando ad attaccare le infrastrutture dell'ormai ex esercito siriano avanzando nell'area del Golan - denominando la nuova area d'occupazione “zona cuscinetto” - e distruggendo con i bombardamenti aerei infrastrutture – come il porto di Latakia - centri di ricerca ed industriali. Contemporaneamente gli attacchi delle milizie sostenute dalla Turchia si stanno concentrando sulle aree controllate dalle forze curde. Il quadro, ancora opaco, fa intravedere almeno per il momento il maggiore successo israeliano, turco, britannico e statunitense raggiunto nell'area negli ultimi anni. Oltre a Damasco, le forze sostenute dalla Turchia avrebbero già anche il controllo di Tartus, città costiera dove si trova la base navale russa. Il nesso degli eventi siriani con tutte le altre crisi del Vicino Oriente – su tutte, quella palestinese – è evidente: non meno evidente è il nesso di questi con la transizione transizione Biden – Trump. Se si tratti dell'ennesima mossa dell'amministrazione Biden pensata per mettere condizionare il successore, di una mossa volta ad anticipare la politica della nuova amministrazione o di un “do ut des” tra Mosca e Washington legato all'Ucraina diventerà chiaro nel 2025. Quello che è certo è che quanto è avvenuto in Siria nelle ultime ore non sarebbe potuto accadere senza l'avallo statunitense, visto anche il presidio delle truppe di Washington presso i pozzi petroliferi della parte nord-orientale dell'ormai ex-Siria ed i legami tra gli attori coinvolti con gli Stati Uniti. Mentre l'ex membro dell'ISIS e di al-Qaeda Abu Mohammed al-Jawlani - Ahmed al-Shara - viene presentato come l'uomo forte sulla scena, Mohammed al-Bashir è stato incaricato capo del gabinetto di transizione dopo un incontro con l'ex primo ministro siriano Mohammed al-Jalali: quest'ultimo era apparso poche ore prima scortato da uomini dell'HTS (acronimo di Hayat al Tahrir al Sham, “Organizzazione per la liberazione del Levante”) che hanno ormai il controllo della capitale Damasco. Questi elementi potrebbero spiegare le diserzioni di massa tra le forze armate siriane e come queste ultime abbiano rinunciato ad opporre una resistenza significativa all'avanzata delle milizie sostenute da Ankara.

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Maurizio Vezzosi

27 Nov, 17:40


Dopo oltre mille giorni di guerra su larga scala per l'Ucraina - e quasi quattromila per il Donbass - l'intermezzo tra la fine del mandato Biden e l'insediamento dell'amministrazione Trump assume in crescendo le caratteristiche di una delle fasi più incerte e più pericolose della storia contemporanea. Il via libera della Casa Bianca all'utilizzo di missili ATACMS in territorio russo è avvenuto in questa fase con il preciso intento di mettere nella maggiore difficoltà possibile il successore designato. Al quadro si aggiungono i nuovi pacchetti di assistenza militare appena concessi  all’Ucraina e gli intenti della Casa Bianca di installare nuovi missili in Europa centro-orientale in funzione antirussa: intenti destinati a riportare il continente alla crisi degli Euromissili di metà anni ottanta.

La risposta del Cremlino alle mosse dell'amministrazione di Biden si è sostanziata nel lancio di un missile balistico sui territori ucraini – condotto per palesare la vulnerabilità delle difese antiaeree di produzione statunitense – e nella modifica della dottrina nucleare di riferimento: una modifica con cui si contempla in modo esplicito il possibile ricorso ad armi nucleari tattiche in risposta ad attacchi condotti con armi convenzionali. Questo passaggio contribuisce ad aumentare ulteriormente il rischio di guerra nucleare in Europa. L'Italia in particolare sarebbe particolarmente esposta ad attacchi vista la presenza sul territorio nazionale di importanti basi militari statunitensi: l'Europa - tutta - pagherebbe le maggiori conseguenze di uno scenario senza precedenti.
Occorre avere ben chiaro che il rischio nucleare non è un bluff: scommettere sul contrario potrebbe contribuire a trascinare l'umanità in una spirale di distruzione che sarebbe molto difficile interrompere.

Già dal febbraio 2022 risultava chiaro che il tempo giocasse a favore del Cremlino: oggi questa valutazione trova una facile conferma nella situazione del campo. Quanto l'Ucraina avrebbe potuto ottenere nei negoziati del 2022 oggi è nient'altro che un'illusione. Per quanto le narrative sull'Ucraina abbiano subito una evidente trasformazione negli ultimi tempi - ammettendo l'inevitabilità del negoziato - le condizioni oggettive non possono essere certo dimenticate: il vantaggio acquisito potrebbe portare il Cremlino a rifiutare eventuali proposte di negoziato se queste trascurassero le condizioni sul terreno. Per questa ragione il possibile congelamento dei combattimenti ed il delinearsi di uno scenario coreano non è affatto scontato.

A proposito di Corea la presenza di militari nordcoreani sul fronte di Kursk è ormai un dato di fatto: presenza destinata a creare ulteriori problemi alle forze ucraine. Per l'esercito di Pyongyang ed i contingenti di questo inviati sul fronte ucraino si tratta di una svolta epocale, dal momento che ufficialmente le forze armate della Corea del nord non partecipano a missioni di combattimento dal 1953. Ma l'importanza del fatto in sé risulta secondaria riflettendo sul modello di mutua assistenza militare che Mosca sta testando con la Corea del Nord. Un futuribile meccanismo analogo potrebbe legare Mosca e Pechino per le reciproche necessità di carattere militare: per il momento sia Mosca che Pechino hanno interesse a non vincolarsi reciprocamente con accordi militari stringenti, ma il tempo potrebbe far mutare questa condizione in modo significativo.

Ulteriori sorprese precedenti all'insediamento di Trump alla Casa Bianca potrebbero essere tutt'altro che improbabili, ma come già anticipato nei mesi scorsi dall'ex consigliere presidenziale Aleksander Arestovich, il 2025 potrebbe effettivamente essere l'anno dell'uscita di scena di Volodymyr Zelensky. Coprire il fallimento dell'oltranzismo e l'uscita di scena dei suoi protagonisti con il presunto rispetto della sovranità ucraina potrebbe essere tutto sommato l'opzione meno sconveniente per affrontare il passaggio tra il prima ed il dopo.

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Maurizio Vezzosi

04 Nov, 12:16


I bombardamenti israeliani sul Libano non accennano a fermarsi, così come l’accanita resistenza di Hezbollah nel sud del paese. A Beirut, alcune zone sono diventate quartieri fantasma, mentre altre si stanno trasformando in un enorme campo profughi, con baracche e ripari di fortuna in quasi ogni angolo di strada.
Il mio racconto delle ultime settimane libanesi per Krisis.

https://krisis.info/it/2024/10/aree/medio_oriente/libano/2024-fuga-da-beirut-per-chi-puo-permetterselo/

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Maurizio Vezzosi

22 Oct, 19:17


Beirut, gli effetti dell'ultimo bombardamento sulla città, condotto poco prima delle 15 di oggi pomeriggio: condotto, come i precedenti, con ordigni di fabbricazione statunitense l'attacco ha completamento raso al suolo un edificio di dieci piani - evacuato in precedenza – a pochi metri da un posto di blocco dell'esercito libanese e dal più grande parco della città, danneggiando un secondo edificio e incendiandone un terzo a poca distanza. Danneggiato. insieme a diverse decine di veicoli, anche un cimitero adiacente colpito dai calcinacci proiettati dall'esplosione. La conta delle vittime prosegue mentre sono attesi altri attacchi aerei già nelle prossime ore.

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Maurizio Vezzosi

21 Oct, 19:16


Beirut, alcune delle conseguenze dei bombardamenti Israeliani di stanotte che hanno preso di mira gli uffici di Al Qard al Hassan, la banca legata ad Hezbollah.

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17 Oct, 16:17


Beirut, Dahieh.

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Maurizio Vezzosi

16 Oct, 12:29


Pur conducendo una politica di annientamento nei confronti della popolazione di Gaza e pur avendo inflitto importanti perdite ad Hamas le forze israeliane sono lontanissime degli obiettivi annunciati nell'ottobre 2023, così come dal controllo di Gaza. Impantanate lì da oltre un anno le forze israeliane stanno incontrando serie difficoltà nelle operazioni terrestri a ridosso del confine libanese, subendo perdite significative sotto il fuoco costante di Hezbollah. Oltre a colpire con sistematicità Beirut e la valle della Bekaa i bombardamenti aerei israeliani stanno radendo al suolo interi villaggi di confine, nella convinzione che questa scelta possa rendere praticabile la penetrazione terrestre, al momento pressoché in stallo. Gli scarsi successi nelle operazioni terrestri potrebbero far prediligere alla dirigenza israeliana la destabilizzazione interna del Libano, trascinando il paese in una nuova guerra civile.

In Italia è passato quasi inosservato il primo attacco israeliano ad una posizione sul confine occupata dall'esercito libanese, fino ad oggi rimasto del tutto a latere dello scontro tra Hezbollah e le forze israeliane. Come se non bastasse l'aviazione israeliana martedì scorso ha bombardato per la prima volta anche nel nord del Libano colpendo il villaggio di Aito - peraltro a maggioranza cristiana - con un bilancio di almeno 8 feriti e 21 morti. Un eventuale allargamento delle operazioni terrestri israeliane alle alture del Golan, alla Siria sud-occidentale e addirittura alla Giordania costituirebbe un aumento dei rischi per Tel Aviv, così come per l'intera regione.
Sul confine meridionale del Libano gli attacchi israeliani al contingente UNIFIL si sono ormai fatti consuetudine: i comunicati stampa e le proteste formali difficilmente faranno ricredere l'attuale dirigenza israeliana della loro inopportunità. Certo è che UNIFIL rappresenta un ostacolo per le ambizioni di Tel Aviv che ne pretende, in un modo o nell'altro, il ritiro o addirittura lo smantellamento. Uno scenario che liquiderebbe decenni di lavoro politico e diplomatico, riducendo fortemente il ruolo dei paesi coinvolti - come l'Italia - e lascerebbe campo libero alle manovre israeliane.

E' opportuno ricordare come la macchina bellica israeliana non avrebbe avuto e non avrebbe alcuna possibilità di realizzare i principali attacchi in tutta l'area in cui la guerra è già un dato di fatto - Gaza, Cisgiordania, Libano, Siria, Iraq, Yemen - senza le colossali e costanti forniture statunitensi.
Gli avvenimenti delle ultime settimane in Libano sembrano il prologo di una lunga guerra: rispetto a questa possibilità occorre avere chiaro come né Hezbollah e né l'Iran mai accetteranno un cessate il fuoco in Libano slegato da un cessate il fuoco a Gaza ed in Cisgiordania. Intanto Tel Aviv sta facendo già i conti con seri problemi economici causati dagli attacchi provenienti dal Libano, dal reclutamento di uomini e dalla paralisi del porto di Elat provocata dagli attacchi nel Mar Rosso delle milizie di Ansar'allah (Houthi). Sia sul piano economico che su quello politico interno Tel Aviv potrebbe non reggere l'urto di uno scontro di lungo periodo ad intensità variabile: in Libano così come a Gaza il tempo sembra giocare tutto contro Israele.

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Maurizio Vezzosi

13 Oct, 14:37


Beirut, gli effetti del bombardamento Israeliano di giovedì scorso sulla zona di Ras El Nabeh. Un intero edificio è stato raso al suolo con un bilancio di 22 morti ed oltre 100 feriti.

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Maurizio Vezzosi

11 Oct, 18:09


Il mio intervento da Beirut nella puntata di Cartabianca di martedì 8 ottobre.

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10 Oct, 13:15


Beirut, Dahieh.

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Maurizio Vezzosi

06 Oct, 18:38


Il ronzio dei droni da ricognizione israeliani è distintamente udibile da giorni nella maggior parte delle zone di Beirut: oggi è costante e particolarmente intenso da alcune ore.

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04 Oct, 22:17


Beirut, Dahieh.

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Maurizio Vezzosi

03 Oct, 09:57


Intorno alle 14 – ora italiana – interverrò nuovamente in diretta da Beirut su TGCOM24 - canale 51 e canale 551 del digitale terrestre - .

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Maurizio Vezzosi

02 Oct, 13:38


Beirut, quartiere di Dahieh. Le conseguenze di uno dei bombardamenti israeliani di stanotte.

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Maurizio Vezzosi

01 Oct, 10:27


Intorno alle 14 – ora italiana – interverrò in diretta da Beirut su TGCOM24 - canale 51 e canale 551 del digitale terrestre - per raccontare la situazione nella capitale libanese.

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Maurizio Vezzosi

29 Sep, 11:27


L'aeroporto Rafik Hariri, situato nella zona meridionale della città, non è ancora stato interessato direttamente da attacchi israeliani, nonostante questo si trovi a ridosso delle aree a maggioranza sciita interessati dagli attacchi aerei israeliani, oltre che dei principali campi profughi palestinesi. Uno scenario simile a quello del 1982 viene considerato plausibile da alcuni: ciò che al momento più probabile, comunque, è che Israele oltre a continuare gli attacchi aerei possa avviare un'offensiva terrestre almeno nelle zone a ridosso della frontiera con il Libano. Ogni precedente certezza del quotidiano, anche la più elementare, non viene più percepita come tale da parte della popolazione. I più si aspettano il peggio. Il reportage da Beirut per il Fatto Quotidiano di oggi.

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Maurizio Vezzosi

27 Sep, 20:50


Beirut, quartiere meridionale di Hraret Hreik, oggi massicciamente attaccato dall'aviazione israeliana. I guanti di un soccorritore sull'asfalto.

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Maurizio Vezzosi

07 Sep, 13:30


Regione di Vladivostok, la scogliera della penisola Brus ed il suo affaccio sull'Oceano Pacifico.

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06 Sep, 15:28


Vladivostok, il panorama dalla punta meridionale dell'isola Russkij.

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04 Sep, 14:22


Vladivostok, capitale dell'Oriente russo.

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03 Sep, 14:09


Pechino, Tiananmen.

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Maurizio Vezzosi

01 Sep, 16:46


Shanghai, luci e riflessi notturni.

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Maurizio Vezzosi

31 Aug, 15:31


Shanghai, l'area di Pudong - cuore finanziario della megalopoli e specchio del suo mercantilismo - vista in notturna da Waitan (Bund).

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