DIPENDENZA E FERITA DA RIFIUTO
Partiamo da un presupposto che va ad ampliare gli orizzonti della comprensione di sé e cioè che la dipendenza, in linea generale, indica una ferita d'abbandono ma che, a livelli più profondi, può connotare anche la ferita da rifiuto.
Infatti, alcune dipendenze generano delle vere fughe dalla realtà, pensiamo a quelle da alcol o sostanze stupefacenti o anche dai videogiochi, social e TV.
Queste fughe servono per acquietare la lacerante sofferenza interiore, tipica di chi sente di non essere parte di questo mondo.
Di chi si sente un alieno, un diverso, un non compreso, un non accettato e, appunto, un rifiutato nel proprio essere.
Tutto parte dall'infanzia e dal rapporto che il bambino/a ha avuto con il genitore, o caregiver, del proprio sesso.
È doveroso precisare che non serve un reale rifiuto del nascituro con conseguente abbandono per generare la ferita, anzi, a volte è proprio un eccessivo controllo o iper protezione a far sentire il bambino incapace di esprimersi e, di conseguenza a piantare il seme della sensazione di essere sbagliato, rifiutato, non accettato nel proprio essere, o non meritevole addirittura di esistere.
Il bambino così, per essere amato inizierà a tagliare via quelle parti di sé che non piacciono prima ai genitori, poi, alle altre persone che reputeranno importanti per loro.
Ma via via che mutileranno il loro modo di essere mettendo a tacere parti di sé, sgretoleranno e frammenteranno la loro stessa essenza. Perché, di base, il primo a rifiutarsi sarà proprio lui che odierà quelle parti di sé che crede gl'impediscano di essere amato.
Sono meccanismi inconsci difensivi a generare questo, come la dissociazione, molto frequente in chi ha una ferita da rifiuto perché la fuga dalle emozioni con la dissociazione è garantita e visto che la parte emotiva rimanda spesso al senso d'inadeguatezza, spesso, viene "spenta" e sostituita da un altro meccanismo che è la razionalizzazione.
Dissociazione e razionalizzazione diventano una corazza che protegge la fragilità emotiva di chi vorrebbe solo essere amato e accettato in tutto il suo essere.
Purtroppo, da piccoli, c'hanno fatto credere che alcune parti di noi sono sbagliate.
Che dovremmo essere perfetti, buoni, ubbidienti, che non dovremmo arrabbiarci, che non dovremmo piangere, etc.etc.
E crescendo abbiamo oscurato parti di noi.
Le abbiamo proprio nascoste, anche a noi stessi perché fonte di disapprovazione, perché parti che ci allontanano dal ricevere amore e, così siamo cresciuti incompleti nel nostro essere e rifiutando chi realmente siamo.
Infatti, tutti abbiamo la ferita da rifiuto ma, naturalmente, non allo stesso grado di profondità. Dipende da quanta parte di noi abbiamo tagliato via per non sentirci più rifiutati per sentirci amati e parte di questo mondo.
Quando ci sentiamo rifiutati o quando rifiutiamo una parte di un'altra persona, riattiviamo la nostra ferita e la necessità di ricorrere alla strategia della fuga, sarà dominante.
Questo, crea un profondo disagio nelle relazioni di qualsiasi tipo ma soprattutto amorose e l'unico modo per porre fine a questi loop di sofferenza e fuga consiste nel conoscersi in profondità.
Infatti, la guarigione da questa ferita passa dal riconoscimento di ogni nostro tratto, dall'accoglienza della stesso, dalla comprensione che non esiste altra perfezione se non quella di essere sé stessi e dal capiere che ci servono anche quelle nostre caratteristiche in ombra che abbiamo ripudiato, ma che fanno parte di noi e che ci danno quella connotazione tipica e meravigliosa, dell'essere umani.
Laura Di Donato
Per approfondimenti vi rimando ai libri della Bourbeau:"le 5 ferite e come guarirle" vol.1 e 2,
Agli studi sull'attaccamento di Bowlby e a quelli sui meccanismi di difesa di Anna Freud.
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