Nel 529 d.C., l'imperatore Giustiniano decretò la chiusura dell'Accademia di Atene, segnando la fine della filosofia greca e l'inizio di un controllo totalitario del pensiero. Con questo atto, lo Stato impose un'ideologia dogmatica che subordinava cultura, religione e diritto al potere assoluto dell'imperatore. Filosofi come Damascio e Simplicio fuggirono in Persia, l'attuale Iran, dove poi continuarono a sviluppare il loro pensiero Filosofico. Cacciati dell'occidente.
La chiusura dell'Accademia riflette la stessa dinamica che vediamo oggi: il soffocamento delle voci dissidenti e la censura di chi sfida il pensiero dominante. La storia, come una ruota, continua a girare, ma le battaglie per la libertà dello spirito e del pensiero restano le stesse.
Con la chiusura di Scuola di Atene l'imperatore Giustiniano pone fine alla grande tradizione filosofica greca e imponendo un regime totalitario che subordinava cultura, religione e diritto al potere dello Stato. Con questo atto, Giustiniano soffocò la libertà di pensiero, decretando l'inizio di un'era di indottrinamento e controllo ideologico ben consolidato e sviluppato soprattutto in Occidente.
Eppure, Dante Alighieri lo colloca tra gli Spiriti operanti del Paradiso, un'interpretazione che merita una profonda critica. Come può Giustiniano, artefice di un disastro culturale e repressore della libertà spirituale, filosofica e del pensiero, essere celebrato come una figura di virtù? La sua azione non ha solo distrutto l'Accademia, ma ha segnato la nascita di un pensiero dogmatico e autoritario, la cui eco riecheggia nei regimi che ancora oggi reprimono le voci libere non solo in occidente odiernoe ma anche nel resto del mondo.