Ripropongo qui per esteso l’intervista condotta da Gabriele Bindi e già uscita sul numero di marzo 2023 del mensile Terra Nuova. Inizio con il paragrafo introduttivo (ometto la mia presentazione); di seguito le domande di Bindi e le mie risposte. Ringrazio la testata per l'autorizzazione alla riproduzione. Buona lettura!
[…] Con questa intervista ci interroghiamo sulle difficili sfide del nostro tempo, dalla digitalizzazione al conformismo sociale, confrontandoci con un punto di vista scomodo, che non lascia spazio a scorciatoie e a soluzioni rabberciate. Secondo l’analisi di Bukowski, non saranno le nostre singole azioni virtuose a cambiare il mondo, anche se in un certo senso ci aiutano a comprenderne le contraddizioni.
La prima domanda è sulla gestione della pandemia. Se volessimo trarne qualche conclusione, che cosa ci ha insegnato questo periodo? Credi che avrà delle conseguenze a lungo termine?
Nel periodo in cui la censura era più forte mi sono attestato e in parte arrestato, come altri, alla critica della "gestione della pandemia". Ma non si tratta solo della gestione, quanto della definizione di pandemia, della definizione di cosa siano malattia e di salute, nonché del socialmente possibile, e che di lì in avanti include anche il chiudere in casa intere popolazioni. Non c'è dubbio che il potere economico e politico, con la sua duplice volontà di controllo e di profitto illimitati, saprà spremere ogni vantaggio dalla posizione taumaturgica che, del tutto immeritatamente, è riuscito a conquistare. Questa è la tragica eredità del tempo pandemico, contro la quale stentano gli anticorpi - anche se, quasi miracolosamente, non sono del tutto assenti.
Libertà e sicurezza sembrano due concetti diventati inconciliabili. Stiamo andando in una società sempre più irrigimentata e quindi meno libera?
Stiamo andando verso una società, anzi già vi siamo, in cui vigono sistemi normativi diversi da quello precedente, nei quali si perdono garanzie che davamo fin qui per scontate. I reati di opinione, per esempio, ovvero le opinioni difformi su temi sensibili come salute, sessualità, identità, religione, eutanasia... sono spesso puniti da un mobbing spietato, pur essendo formalmente estranei al diritto penale. Questo è indice dell'emergere di un sistema normativo retto, piuttosto che dallo Stato, dai meccanismi e dagli algoritmi dei social. Da parte suo lo Stato, pur concedendo qualcosa sul piano operativo e propagandistico a questo nuovo conformismo sociale, si concentra soprattutto su obiettivi capitalistici e digitali (le due cose, in questa fase storica, coincidono). La grande novità è che neppure lo Stato legifera in modo diretto su questi temi, ma agisce piuttosto con pressioni comportamentali, il cosiddetto nudging (tecnica volta a indurre verso azioni e comportamenti senza un’imposizione diretta, ndr). C'è un sorta di rispecchiamento tra alto e basso, in questo: nudging e mobbing si completano a vicenda. Lo Stato non ti dice, per esempio: "è obbligatorio" questo o quel dispositivo di comunicazione, oppure "è vietato" non avere un'identità digitale. Semplicemente lo Stato ti impedisce di vivere senza, ma senza neppure iscriverlo nei suoi codici. Di fronte a una trasformazione di tale portata parole come "libertà" e "sicurezza", che erano invece legate al diritto positivo, non hanno più il valore che davamo loro ieri.