Una riforma moralizzatrice
Avv. Angelo Di Lorenzo
Avvocati Liberi
La recente modifica del codice della strada criminalizza vizi e dipendenze degli italiani, sospendendo o revocando la patente (insieme al veicolo di proprietà) a chi si sia messo alla guida di un veicolo dopo aver assunto stupefacenti, a prescindere dal fatto di versare in uno stato di alterazione dovuto a tale assunzione.
Ed è proprio questa la ragione per la quale la modifica normativa sarà rispedita al mittente alla prima buona, poiché il mutamento della natura di un reato di pericolo concreto in uno a responsabilità oggettiva per una condotta inoffensiva, è macroscopicamente contrario ad ogni basilare principio della responsabilità penale.
La riforma in commento dimostra chiaramente, invece, un pervicace accanimento “contro le droghe” alla davighiana memoria che, dopo aver fallito nel tentativo di inserire nella tabella degli stupefacenti sostanze che non stupefanno (il riferimento è alla cannabis light, ne avevamo parlato 👉qui👈), ora passa a criminalizzare l’uso di stupefacenti privando le persone del permesso di guidare.
Ragionamento da greenpassista: se molti assumono droghe, sicuramente tutti guidano, quindi colpendo in maniera diretta questi ultimi, si colpiscono indirettamente anche i primi, non importando se alla guida essi non siano di alcun pericolo per sé o per gli altri.
L’approccio moralizzante si è realizzato sia con la modifica del titolo del reato di cui all’art. 187 cds -passato da “Guida in stato di alterazione psico-fisica per uso di sostanze stupefacenti” a “Guida dopo l'assunzione di sostanze stupefacenti”-, sia con la cancellazione dai commi 1 e 1-bis dell’art. 187 dell’elemento costitutivo della "guida in stato di alterazione psico-fisica”, per cui da ora in poi il reato sarà integrato da chi si pone alla guida dopo aver assunto stupefacenti (comma 1), così come sarà integrata l’aggravante -che comporta il raddoppio delle sanzioni pecuniarie e la revoca della patente- in caso di incidente avvenuto dopo l’assunzione, anche risalente (comma 1-bis).
In altri termini, per la configurazione del reato, prima era richiesto che il conducente versasse in una condizione di alterazione durante la guida, mentre ora tale alterazione non è più elemento costitutivo, bastando l'assunzione di stupefacenti giorni, settimane o mesi prima dell’accertamento di polizia effettuato durante la guida.
Ciò che viene punito non è perciò il fatto di guidare in uno stato di alterazione dovuto all’assunzione di sostanze psicotrope, quanto piuttosto il fatto di aver assunto in passato tali sostanze, pur se l'assunzione sia del tutto scollata dallo stato di “alterazione” o di “lucidità” durante la guida di un veicolo.
Senza considerare che per accertare l’assunzione di sostanze stupefacenti verrà utilizzato il test salivare drugwipe5, la cui affidabilità è sospetta sia per l’alta probabilità di falsi positivi (circa il 50%), sia per l’incapacità dei test salivari di definire con certezza la natura “stupefacente” della sostanza rilevata, poiché il test reagisce ai metaboliti comuni a molti farmaci, anche da banco, per cui chi assume l’ibuprofene potrà risultare positivo ai derivati della cannabis, chi assume antidepressivi o analgesici potrà essere positivo ai derivati delle anfetamine, chi assume una aspirina ai derivati delle benzodiazepine, e così via.
La moralizzazione vale però solo per gli stupefacenti, ma non anche per le sostanze alcoliche, sebbene l’alcol sia tra le principali cause di dipendenza ed il cui uso (e abuso) è ben più diffuso e pericoloso di molte droghe, quantomeno di quelle “leggere”.
Infatti, mentre come detto commette reato chi guida dopo aver assunto droghe senza versare in uno stato di alterazione, per l'alcol invece il reato è integrato qualora il conducente guidi "sotto l'influenza dell'alcol", misurando lo “stato di ebbrezza” con le soglie indicate dall’art. 186 cds, non essendo invece rilevante, a differenza degli stupefacenti, una pregressa ubriachezza o la dipendenza da alcol.
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