In un testo del Chaktri (Phyag khrid) di Dru Gyalwa Yungdrung (1242-1290), si dice che durante l'Introduzione Diretta al Figlio (bu) o Saggezza della Consapevolezza (rig pa'i ye shes) siamo sottoposti ad un'esperienza di stupefazione senza attenzione, di dispersione senza fissazione, di nudità senza concetti e di chiarezza priva di attaccamento. [...]
Queste esperienze hanno luogo quando la coscienza discorsiva si libera naturalmente dal suo afferrare, dalle sue proiezioni, etc. In quel momento, la nostra coscienza rimane in uno stato temporaneamente privo di pensieri, che viene definito come un momento di stupefazione (o sospensione) senza attenzione.
Questo significa che la mente è in una condizione in cui il flusso dei pensieri è temporaneamente interrotto, una condizione conosciuta come stupore, nel senso più acuto del termine, o come sospensione nel senso più sottile.
Stupefazione deve qui essere inteso nel suo senso più letterale, non come un intorpidimento o stordimento, ma piuttosto come uno sbigottimento/meraviglia, che lascia la mente senza parole, nell'incapacità di usare il linguaggio per descrivere ciò che esperisce.
Questa condizione viene presentata come priva d'attenzione poiché non dipende da alcuna forma di vigilanza o sorveglianza (come quando si affrontano potenziali insidie quali intorpidimento/cedimento, etc.), precisamente perché lo stato di cui abbiamo esperienza non è soggetto ad insidie. L'attenzione non è quindi necessaria in questo sorprendente sbalordimento. [...]
Insomma, un'esperienza di stupefazione senza attenzione avviene perché la mente è temporaneamente libera dalle sue proiezioni e rimane in uno stato privo di pensieri. Allo stesso tempo, ha luogo un secondo momento dell'esperienza che corrisponde a ciò che è definito come "dispersione senza fissazione". Qui, il concetto di dispersione fa riferimento diretto al fatto che la mente non è concentrata su alcunché: essa vaga nella sua stessa natura, senza smarrirsi, senza essere trascinata via da potenziali pensieri o impantanarsi nei meandri del discorso interiore. Simultaneamente, la mente è liberata da ogni attaccamento, come un uccello liberato da una trappola che lo tratteneva, e che vola via in un istante, senza lasciare alcuna traccia e senza che gli manchi la trappola che lo impediva.
In modo simile, la mente sprofonda nella sua stessa immensità, senza tuttavia perdersi o perdere la sua chiarezza intrinseca. Potremmo dire che la mente immensifica se stessa nella sua infinitezza senza essere trattenuta da alcunché. In questo spazio interiore privo di tutti i limiti, essa gode delle qualità della non-azione che la liberano da tutti gli sforzi normalmente prodotti dall'attività della mente.
Al culmine di queste due esperienze simultanee, la mente scopre la sua stessa nudità priva di concetti. La nozione di nudità significa che la mente non è più coperta dai drappi dell'intelletto, rimanendo così senza alcun concetto; in questa condizione virginale, essa contempla tutti i fenomeni dell'esistenza manifesta senza produrre attaccamento o avversione verso di essi.
lnfine, la mente esperisce una chiarezza libera dall'afferrare in cui ogni cosa appare come se fosse un riflesso in uno specchio. Questo avviene in una modalità immutabile che non è disturbata dall'afferrare – o rigettare - qualunque potenziale oggetto. Essa rimane perpetuamente chiara e brillante, piena delle qualità salvifiche che sono inerenti alla sua condizione primordiale.
Jean-Luc Achard, The Dzogchen Path of Clear Light